Descrizione
Colpisce, nelle rappresentazioni antiche dell’eros, la frequenza di metafore che rinviano al mondo ferino. L’amore è dunque una brutta bestia con cui fare i conti, non un docile animale domestico. Amare implica una caccia in cui i ruoli di cacciatore e di preda sono intercambiabili e la componente del pericolo gioca un ruolo essenziale. Un «padrone rabbioso e selvatico»: così il vecchio Sofocle – stando alla testimonianza di Platone – definisce gli aphrodisia, i piaceri d’amore, tanto sono irresistibili. Eros è tyrannos, tiranno, un «grande fuco alato» nutrito dai desideri che conquista l’acropoli della psiche, disinibendo e insieme soggiogando, invertendo quella gerarchia virtuosa che invece attribuirebbe il primato e la funzione di governo all’istanza razionale. Quando amiamo, un vento impetuoso ci devasta dentro, canta Saffo. E non siamo più gli stessi. Diventiamo barche in balia di un mare in tempesta, non meno mortifero di un animale feroce. Eppure, questo furore amoroso è dolce, come molte delle cose che poi fanno male.